Scusi, grazie, prego… che fine hanno fatto le buone maniere?

Individualisti e poco educati, ecco l'istantanea della società moderna, troppo 'efficientista' per perdersi in convenevoli

Che fine hanno fatto le buone maniere?

Dov’è finita la buona educazione? Il parere di alcuni studiosi suggerisce che ce la siamo persa letteralmente per strada; ma andiamo per ordine: secondo uno studio condotto da Google su un campione di parole estratte da 5 milioni di libri datati tra il 1500 e il 2008, alcuni vocaboli, prima quotidianamente utilizzati, sono spariti definitivamente dal linguaggio comune, mentre altri rischiano di farlo a breve.

La ricerca evidenzia come ad eclissarsi siano stati prevalentemente quei termini collegati alle tipiche forme di cortesia, a vantaggio della cosiddetta logica efficientista e a danno, ovviamente, della buona educazione.
Di contro l’imprecazione, usata spesso anche fuori contesto, ha preso il posto di slang e modi di dire, dando vita ad una forma di comunicazione volgare e di basso livello, adottata talvolta anche dai vertici del Paese per esprimere la propria omologazione alla collettività.
L’uso in politica di termini ‘giovani’ è uno stratagemma per sembrare meno distanti, più alla mano”, osserva Mauro Covacich, scrittore e collaboratore del Corriere della Sera “Ma in realtà, quello che in ambito letterario può essere funzionale al tratteggio di un personaggio, nel colloquio di tutti i giorni è una caduta rispetto alla proprietà di linguaggio”.

La ricerca effettuata da Google e pubblicata sul Wall Street Journal, non fa che confermare le asserzioni di Covacich, mettendo in evidenza una società altamente individualista, competitiva e poco attenta alle buone maniere, in cui il senso di comunità è stato sostituito da uno spirito altamente concorrenziale. Non a caso termini quali “auto”, “mio”, “personalizzato” e lo stesso “io” (diventato l’incipit della maggior parte delle conversazioni) hanno soppiantato di gran lunga parole come “gratitudine” e “apprezzamento”, il cui uso pare si sia ridotto addirittura del 49 per cento rispetto a qualche anno fa.

Nel 2010 perfino Zingarelli denunciava la scomparsa di circa 2.800 voci delle 120.000 parole presenti sul dizionario.
Colpa dell’uso improprio della tecnologia” spiega Marisela Federici, animatrice di un famoso circolo di conversazione e signora dei salotti romani “difficilmente vengo compresa quando dico ‘mi rincresce’ a un adolescente, persino se educato al collegio Mondragone o al Lycée Chateaubriand! Solo in Toscana ancora resiste l’italiano gentile ma paradossalmente un delizioso ‘ti garba?’ viene confuso con una formula dialettale e buffa”.

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Il vero italiano, quello che ci distingueva dal resto del mondo per la sua complessità e per i suoi colori, sta dunque andando a morire, per lasciare spazio alla frenesia del mondo moderno, che tutto ha, tranne che tempo per gli ormai “noiosi” convenevoli.
Eppure quanto ci colpisce un uomo quando si distingue dalla massa per il suo parlare in modo forbito e per il suo savoir-faire.
Visto il considerevole fascino del nostro amato idioma, così articolato nel suo genere ma per questo motivo così intrigante, non sarebbe una reale aberrazione lasciare che determinati vocaboli cadano irrimediabilmente in disuso a causa della nostra pigrizia? Probabilmente sì.
 

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