Tutte le dinamiche della gelosia

La gelosia, una brutta bestia, come ben direbbe qualcuno. Ma non è sempre così: è anche un elemento vitale e favorevole per la coppia. Ne abbiamo parlato con la Dottoressa Serena Basile

Tutte le dinamiche della gelosia

La gelosia, una brutta bestia, come ben direbbe qualcuno. Ma non è sempre così: è anche un elemento vitale e favorevole per la coppia. Ne abbiamo parlato con la Dottoressa Serena Basile, Psicologa Clinica e titolare del Laboratorio di Tecniche osservative della realtà educativa presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

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Che cos’è esattamente la gelosia?

La gelosia è un sentimento molto comune, fondato sul timore di perdere una persona affettivamente significativa per via di una terza persona. L’innamoramento ne è il covo privilegiato: il partner viene idealizzato, ci si sente piccoli, fortunati per essere stati scelti e unici per il partner che, fortuna o no, ha voluto proprio noi. La gelosia e il timore della perdita dell’altro sono in questo caso vissuti affettivi sanissimi. E’ possibile riscontrarli anche nelle amicizie, oppure nei rapporti di lavoro: l’amico che porta una ventata di vitalità nel solito gruppo, il collega o superiore che apre nuove prospettive con le sue idee o iniziative… e che instaurano con noi un rapporto esclusivo, che ci conferisce quell’importanza.

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In questi casi, la presenza di una terza persona è minacciosa poiché mette in atto comportamenti seduttivi o perché vissuta come maggiormente appealing rispetto a noi stessi e può attivare allarme e paura per la possibile perdita dell’esclusività del rapporto. In ogni caso, parliamo di un sentimento sano: consente di dare e ricevere valore, di essere coinvolti all’interno di dinamiche di riconoscimento e di conferma di sé e dell’altro.
Più il rapporto è affettivamente intenso, più la gelosia (soprattutto se non solo vissuta dentro di se ma anche condivisa) costituisce uno strumento per mettersi in gioco, capirsi, incontrarsi davvero – fragilità incluse.

Quando e come la gelosia diventa patologica?

Nel momento in cui si fonda su un’autopercezione di sé inteso sempre e comunque come non meritevole dell’altro, e sulla percezione dell’altro inteso sempre e comunque come inaffidabile e indipendentemente dai fatti. In questo caso, la natura della gelosia cambia in modo significativo. La relazione viene costellata di atteggiamenti e comportamenti orientati al controllo, anche persecutorio e aggressivo, dell’altro e dei possibili rivali e il rapporto che fra l’altro il soggetto crede in questo modo di difendere dalle minacce esterne rischia fortemente l’epilogo.

Quali sono le radici della gelosia patologica? 

Nella sua versione patologica, la gelosia ha radici più interne che esterne. Nasce tutto da un’angoscia profonda, dal terrore di essere abbandonati e di perdere la persona amata, dalla quale dipende il proprio benessere psicologico, a causa del proprio scarso valore. I sospetti o le circostanze esterne da cui sembrerebbe essere alimentata non di rado sono infondati, privi di riscontro nella realtà dei fatti.
Ma per la persona patologicamente gelosa questi sono dettagli: l’angoscia della perdita, il profondo senso di un sé privo di valore, nonché l’odio nei confronti dei rivali (veri o immaginati) sono tangibili, verissimi, assolutamente giustificati e si contornano di pensieri e interpretazioni dei fatti che, per quanto irrazionali, vengono vissuti come logici, autoevidenti. I delitti passionali che tanto spesso la cronaca restituisce si fondano spesso proprio sulle dinamiche descritte.

Ci sono delle dinamiche/impressioni infantili alla base? 

Anche, ma non necessariamente. Senza dubbio, ciascuno di noi è quello che è in virtù dell’esperienza con le figure significative e delle memorie che questa ha lasciato. La persona patologicamente gelosa vive se stessa come non meritevole d’amore e l’altro come inaffidabile e pericoloso. Il più delle volte questo vissuto si fonda su una relazione insoddisfacente con le figure di accudimento nelle fasi dello sviluppo, che non ha consentito l’acquisizione della fiducia di base nel bambino mantenendolo piuttosto nella sua insicurezza. Un bambino che non si sente accettato nelle sue fragilità e con tutti i suoi bisogni, che in virtù di questi paga il prezzo dell’allontanamento, del rimprovero e dell’esclusione (anche temporanea) dal rapporto esclusivo con il genitore continua ad essere presente nell’adulto e a presentificarsi con tutti i suoi vissuti (paura, angoscia, rabbia) ogni qualvolta questi si ritrova a vivere un rapporto significativo.
In questo rapporto significativo, l’altro per quanto possa rassicurare e di fatto dimostrare amore, rimane inaffidabile: può allontanare, escludere, disprezzare, rifiutare, preferire altri. Tutte eventualità già sperimentate, molto dolorose e per niente improbabili. Con queste condizioni interne l’angoscia di perdere l’altro ha un’insorgenza automatica, con tutte le conseguenze del caso. L’altra faccia (dolorosissima anch’essa) della medaglia, cioè il bisogno ossessivo di controllare il partner, di essere sempre a conoscenza su tutto, di assillarlo con la propria insicurezza, altro non è se non un tentativo per prevenirne la perdita (tanto temuta e tanto conosciuta!). Nei casi più delicati, il rivale è più immaginato che altro, e la gelosia fondata sul timore di una perdita per via di terzi non ben identificati.

E’ un’angoscia che si alimenta dentro di sé il mondo fuori è un dettaglio. Non è detto, però, che la gelosia patologica debba scaturire necessariamente ed esclusivamente da memorie infantili. Anche le memorie adulte, se traumatiche, possono esserne causa: una persona che ha vissuto un rapporto affettivo con gelosia sana, subendo un tradimento o un abbandono può reagire sviluppando un attaccamento morbosamente geloso nei confronti del partner successivo.

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Perché spesso si decide di restare con un partner che ci ossessiona con la sua gelosia, talvolta a tal punto da avere reazioni violente? 

In genere, il desiderio di possesso e la gelosia dell’altro conferisce valore al sé e goderne è tutto fuorché malsano in condizioni non patologiche. In presenza però di eccessi violenti, di comportamenti ossessivi, l’incapacità di troncare una relazione può essere dovuta ad esempio a un’autostima così bassa, a un senso di sé così martoriato, che anche se contornata di violenza la relazione risulta risolutiva rispetto alla propria angoscia di vuoto. Fondamentalmente, quando una persona accetta di vivere relazioni dolorose o violente, è importante cercare di capire qual é il male maggiore che rende tollerabile, spessissimo a livello inconsapevole, questa condizione comunque di sofferenza. Ma questa é solo una delle ipotesi. Ogni persona ha una storia, ha ragioni sue.

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E’ plausibile, ad esempio, che durante le fasi dello sviluppo la persona che accetta una condizione di questo tipo abbia sperimentato una forma d’amore che preveda fra le sue manifestazioni la violenza, che risulta dunque normalizzata all’interno di una relazione significativa. Persone anche molto diverse possono trovarsi invischiate in una situazione del genere. Quel che le taglia trasversalmente è l’accettazione di una situazione dolorosa in virtù della risoluzione di una sofferenza più grande, ma quest’ultima ritengo non possa essere generalizzata. 

E al contrario, quando una persona non è gelosa, è un elemento positivo oppure dovrebbe interrogarsi? 

Se l’assenza di gelosia è dovuta, ad esempio all’interno di un rapporto duraturo, all’assenza di occasioni (nessun rivale, nessun comportamento inaffidabile da parte del partner) è senz’altro un elemento positivo ed è indice di stabilità e benessere della coppia. Fra l’altro, in questi casi la gelosia può esserci eccome, semplicemente in una relazione sana non ha motivo per manifestarsi.
Sottolineo nuovamente che il sentimento della gelosia (non nelle sue accezioni patologiche, ovviamente) all’interno di una relazione affettiva esclusiva è sano. Negare a se stessi, per il proprio timore di perdere l’altro, il valore e l’unicità che all’altro riconosciamo, può essere anche un modo per difendersi da vissuti negativi e dunque sì può avere molto senso interrogarsi in proposito. Cosa c’è di esclusivo, in fondo, in un rapporto che non si teme di perdere?

Dott.ssa Serena Basile Psicologa Clinica
A cura di Antonella Marchisella

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