25 anni di Friends. È davvero la serie che ci ha cambiato la vita (o il modo di concepire uno show televisivo)?
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Friends Serie TV 25 Anni
I’ll be there for you/ When the rain starts to pour.
Anche quando inizierà a piovere, io sarò lì per te. È il 22 settembre del 1994 quando sulla NBC è possibile ascoltare per la prima volta il ritornello di questa - più che orecchiabile - canzone dei The Rembrandts. Si intitola I’ll be there for you, ma da quel momento in poi per tutti sarà la sigla di Friends.
Sono passati 25 anni dalla prima messa in onda della sitcom che ha di fatto rivoluzionato la storia della televisione (in Italia in realtà la serie è comparsa per la prima volta sulla terza rete Rai a partire 23 giugno del 1997, nella fascia oraria delle 20 quando andarono in onda per tutta l’estate, consecutivamente, le prime due stagioni).
Se – come sostengono in molti - Lost ha riscritto la grammatica dei TV Drama, Friends ha scardinato lo storytelling della comicità televisiva. Da quel momento nulla, nelle sitcom, sarà più come prima.
Nozze d’argento allora per Ross, Rachel, Monica, Chandler, Joey e Phoebe. Se non fosse per abbigliamento e acconciature figlie degli anni Ottanta… sembra ieri il giorno in cui una Rachel vestita da sposa, in fuga dal suo matrimonio, entrò per la prima volta al Central Perk in cerca della sua compagna del liceo Monica.
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Ovviamente la troverà, seduta su un divano intenta a bere caffè e a raccontare la propria vita ai suoi altri quattro amici. È quello il punto di partenza di una delle storie più longeve della televisione mondiale. Gli ingredienti, in appena tre minuti, erano già stati svelati tutti: era il primo giorno d’autunno (almeno nella vita reale) e c’era New York in un giorno di pioggia. C’erano cinque amici con più problemi che soldi in tasca e una sposa in fuga. Ci saranno per lei?
Cosa succedeva nel mondo, mentre in TV arrivava Friends?
67 giorni. È il tempo che è passato nelle nostre vite tra il rigore sbagliato da Roberto Baggio ai mondiali americani e la messa in onda del primo episodio di Friends. Nel maggio di quell’anno, sei mesi prima dell’esordio della trasmissione, Schindler’s List di Spielberg vinceva il premio Oscar e 24 ore prima la giornalista italiana Ilaria Alpi veniva uccisa a Mogadiscio insieme all’operatore Miran Hrovatin.
Ad aprile moriva suicida Kurt Cobain e a maggio se ne andava anche Ayrton Senna durante il GP di San Marino. Qualche giorno dopo la Regina Elisabetta inaugurava il Tunnel della Manica e Nelson Mandela diventava il presidente del Sud Africa. A giugno le ultime truppe russe lasciavano la Germania chiudendo definitivamente la Guerra Fredda.
Ora, facciamo un esercizio di memoria collettiva: pensate a questi fatti che in un modo o nell’altro se avete più di trent’anni ricorderete più o meno nel dettaglio. Quanto diavolo è lontano il Central Perk da questi avvenimenti? Eppure Friends era lì. Esisteva già, doveva solo essere trasmesso.
Sei personaggi in cerca di equilibrio
Sei amici. Tre uomini e tre donne. Si è spesso parlato della simmetria (o asimmetria) dei personaggi delle serie TV. C’è chi sostiene che ogni personaggio femminile debba avere una controparte maschile (come in Friends per l’appunto) e chi sostiene che serva una rottura degli equilibri per costruire delle narrazioni più dinamiche, vedi How I met your mother con due donne e tre uomini, o il rapporto sbilanciatissimo, ma vincente, tre (uomini) a una (donna) in The Big Bang Theory.
Probabilmente non esiste una ricetta perfetta. Quel che è certo però è che Ross, Chandler, Joey, Rachel, Monica e Phoebe funzionavano alla grande tutti insieme. E se ne resero conto immediatamente i produttori David Crane e Marta Kauffman. Quello non sarebbe stato uno show come gli altri.
Conosciamoli meglio
- Ross Geller (David Schwimmer) – almeno inizialmente – è il personaggio più equilibrato. È il figlio che tutti i genitori vorrebbero avere, ha un lavoro sicuro che gli garantisce una posizione sociale accettabile, ma ha un matrimonio che sta andando a rotoli (sua moglie è lesbica, ma di questo parleremo più avanti) e da sempre ha una cotta per Rachel che - come per magia - ripiomba all’improvviso nella sua vita.
- Rachel Green (Jennifer Aniston) è una bella donna, viziata e coccolata da tutti. Genitori, amici e dal suo quasi marito. Non ha mai lavorato in tutta la vita e sarà costretta per emanciparsi (come una moderna cenerentola newyorkese) a fare la cameriera al Central Perk. Epica la scena i cui i suoi amici la costringono a distruggere tutte le carte di credito del padre: Benvenuta nel mondo reale. Fa schifo, ma ti piacerà. Cosa la spinge a scappare, abbandonando una vita fatta di benessere? La risposta è una salsiera d’argento, un regalo di nozze. A pochi minuti dal matrimonio si rende conto che prova più eccitazione per quel pezzo di argenteria che per suo marito. La fuga nella vita reale scardinerà qualcosa nel personaggio che sarà tra tutti quello che nel corso delle dieci stagioni crescerà di più.
- Chandler Bing (Matthew Perry) è cinico, introverso, perennemente a disagio e si nasconde dietro una buona comicità per non dover affrontare la vita e le responsabilità. Schiacciato da un lavoro che odia (nessuno capirà mai cosa realmente fa) ha come valvola di sfogo il divano di casa di Monica e le partite a giochi improbabili inventati con il suo coinquilino Joey.
- Joey Tribbiani (Matt LeBlanc) ha nelle vene del sangue italo americano che – al limite della caricatura eccessiva – lo rende un vero e proprio sciupafemmine. Ingenuo attore off-off-off Broadway cerca di sbarcare il lunario in attesa di una grande occasione.
- Phoebe Buffay (Lisa Kudrow) è il personaggio più caotico e forse più debole della serie. Un’ingenua hippie fricchettona made in midtown che vive facendo massaggi e cantando canzoni strampalate in strada. Il personaggio si esaurisce presto alla ricerca di soluzioni comiche naif che non sempre reggono il confronto (comico) con gli altri.
- Monica Geller (Courteney Cox) è la sorella di Ross e amica storica di Rachel, anche se (e non mancherà di farlo notare) non era stata invitata alle nozze da cui quest’ultima è fuggita. Chef con uno spiccato senso ossessivo compulsivo per le pulizie di casa è il vero filo che tiene uniti tutti i personaggi. L’amicizia con Rachel, il legame di sangue con Ross, l’amore che sboccerà con Chandler, i pasti cucinati per Joey e l’amicizia storica - alternata da sporadiche convivenze - con Phoebe. Monica è il perno attorno a cui ruota l’intera serie.
Di cosa parliamo, quando parliamo di Friends?
La storia si snoda lungo dieci stagioni che di fatto ripercorrono un arco temporale di circa dieci anni. Ogni stagione è composta da 24 episodi (ad eccezione della sesta e della decima, rispettivamente 25 e 18) di circa 20 minuti ciascuno. Il tratto portante di tutto è la storia d’amore tra Ross e Rachel e l’evoluzione di tutti i protagonisti che, banalmente, vivono e crescono. Cambiano lavori, fanno scommesse con la vita, le vincono, le perdono ma ci sono sempre l’uno per l’altro.
A tenerli uniti un’amicizia fraterna - che per alcuni diventerà amore - e tanto, tanto caffè.
Friends, come capiamo già dalla sigla ci parla di delusioni d’amore, della vita che fa schifo, del lavoro che ci svuota e anche di tutto il bello che viene dopo una giornata storta. Friends ci ricorda che in fondo al tunnel c’è sempre qualcosa o qualcuno ad attenderci.
Il settimo amico. Ovvero cosa rappresenta Friends per i 30-40enni di oggi
La risposta non è così scontata come potrebbe sembrare. Di sicuro c’è soltanto una cosa. Tutte, ma davvero tutte le persone con cui parleremo, se hanno un’età tra i 30 e i 40 anni conoscono Friends.
Che ancora oggi sia uno show di successo non è una sensazione, ma ci sono dei numeri a sostenerlo. Se è vero che la domanda genera l’offerta, allora dovete sapere che negli Stati Uniti (ma non in Europa, state calmi!) Friends cambierà piattaforma e passerà da Netflix a HBO Max di WarnerMedia per circa 100 milioni di dollari. Niente male per uno show terminato nel 2004, ben 15 anni fa.
Tornando alla domanda, cosa rappresenta Friends è presto detto. Friends siamo tutti noi. Ognuno di noi si è impersonificato in un personaggio o in lui ha visto una caratteristica di una persona cara o odiata. E se così non fosse, tra le tante tematiche trattate c’è stato sicuramente un argomento che in qualche modo ci ha toccato da vicino, facendoci sentir per un attimo il settimo amico. Seduti su una poltrona a fare battute con Chandler o a parlare di abiti con Rachel.
A Friends va il merito di essere stato il primo grande show mainstream, prima ancora che esistesse (mediaticamente parlando) la parola mainstream. Quando Ross e Rachel si sono baciati per la prima volta (parliamo del bacio in caffetteria e non di quello in lavanderia) non c’era ancora internet, ma fu quello l’argomento di cui si discusse il giorno seguente e in quelli dopo ancora.
I telefilm, così almeno si diceva allora, non erano ancora un elemento di dibattito quotidiano. Rientravano nella consuetudine casalinga. Raramente a scuola o in ufficio capitava di parlare dell’episodio X di Willy il principe di Bel-Air o della puntata Y di Bayside School. Friends riuscì anche a cambiare questo aspetto. Personalmente me ne resi conto quasi per caso. Una mia compagna di classe chiamò il gatto Fluffy Meowington.
Come il gatto di Monica Geller? – dissi.
Ci guardammo, capimmo. Si aggiunsero altre voci intorno a noi. Friends era diventato un fenomeno di massa. Ne stavamo parlando a scuola. Dovevamo soltanto dircelo.
Ci riconosciamo in Friends?
Difficile a dirsi. Vivono in case che nella realtà sarebbero fuori quota per dei lavoratori instabili come loro, specie se parliamo degli affitti nella grande mela. La questione non fu banale, tanto che gli autori dovettero aggiustare il tiro facendo entrare nella narrazione una vecchia zia di Monica che le avrebbe subaffittato in maniera non del tutto legale quell’appartamento.
E poi chi si può permettere tutto quel tempo libero? Fare colazione tutti insieme a casa di Monica o bere caffè e parlare del più e del meno nel bel mezzo di un pomeriggio feriale? Diciamo che Friends non è mai stato uno specchio della realtà, però rappresentava un’isola felice a cui ambire o con cui staccarsi dal mondo reale per venti minuti.
I luoghi di Friends
Sostanzialmente tutta la serie, dalla prima all’ultima puntata, si svolge in due macro-luoghi. La casa di Monica e il Central Perk. Lì avvengono i principali snodi della trama. La piazza d’onore, più teatro di momenti esilaranti che di avanzamento della storia, la occupa l’appartamento (sono dirimpettai di Monica e Rachel) di Joey e Chandler.
Un po’ di fascino crolla sapendo che in realtà – tranne qualche scena in esterno – la serie fu stata interamente girata a Los Angeles.
Altri luoghi? L’indimenticabile set di “Giorni della nostra vita” la soap in cui recita Joey, il museo dove lavora Ross, cornice della prima volta con Rachel, e Londra. Una delle più grandi svolte narrative di Friends avviene proprio nella City: lì Ross fa naufragare l’ennesimo matrimonio, capiamo che pensa ancora a Rachel e Monica e Chandler si innamorano.
Tra nuove tematiche e polemiche. Quella sera da Oprah…
Friends non è stato, però, soltanto risate. La serie ha introdotto, per la prima volta, tematiche nuove e importanti che fino a quel momento non avevano trovato spazio nel dibattito sociale americano (prima) e mondiale (poi). Si pensi alla questione dell’utero in affitto, nello specifico quello di Phoebe che porterà in grembo i tre figli di suo fratello e di sua cognata.
O alle famiglie allargate e ai matrimoni tra coppie dello stesso sesso. Discorsi che – almeno in Italia – nel 1996 sembravano lontanissimi dalla realtà. In particolare la tematica sessuale ha creato anche diverse polemiche. Molte volte le parole “gay” e “lesbica” sono state utilizzate per costruire delle battute, che a risentirle con 25 anni di distanza stonano parecchio con la storia della sitcom.
Ma il vero problema, come ha scritto la giornalista americana Kelsey Miller nel suo libro I’ll be there for you – Dietro le quinte di Friends (in Italia edito da HarperCollins), non erano le battute su gay e lesbiche. Il fulcro della questione era che ogni volta che entrava in scena un personaggio omosessuale c’era una costante eterosessualizzazione delle sue caratteristiche. Come a dire: sei un personaggio gay, ma non ti devi comportare come un personaggio gay.
Altra tematica delicata è sempre stata l’assenza di protagonisti di colore. Una stranezza se si pensa che Friends è nato nel periodo d’oro delle sitcom-saghe familiari con attori di colore. Dai Robinson a Otto sotto un tetto passando – ovviamente – Per Willy il principe di Bel-Air.
Memorabile, proprio nel momento in cui stava esplodendo la Friends-mania, l’ospitata dei sei protagonisti nel salotto di Oprah Winfrey. La padrona di casa pur facendo un incredibile endorsement alla trasmissione domandò secca: Sarebbe bello se aveste anche un amico nero, no? Forse potrei fare un salto io.
Alla scoperta delle curiosità su Friends
Per scrivere di Friends e delle “sue” curiosità non basterebbe un libro. Ci sono però alcuni elementi che forse non tutti sanno e che potrebbero farvi fare bella figura in una serata di ricordi.
La prima riguarda i titoli delle puntate. Per tutte le dieci stagioni si è utilizzato il metodo TOW, ovvero “The One Where, The One Who, The One When…”. Traducendo, al solo fine di rendere l’idea, dato che in Italia non è stata utilizzata questa formula, le singole puntate si potevano chiamare: Quella durante il Super Bowl, Quella sulla spiaggia, Quella in cui Ross e Rachel si prendono una pausa… e via dicendo.
Inizialmente la serie non i chiamava Friends, ma Six of one, che poi diventò Friends like us e poi – semplicemente Friends. Da segnalare che - contrariamente ad altre serie - il titolo in Italia è rimasto inalterato e non tradotto… cosa che invece è avvenuta nella Televisione Svizzera Italiana, dove, almeno per tutti gli anni Novanta, la serie è andata in onda con il titolo di “Amici”.
Gli “amici” di Friends hanno anche saputo fronteggiare insieme delicate questioni lavorative. Infatti hanno condotto una battaglia sindacale insieme per non accettare che i compensi tra i sei fossero sbilanciati. Hanno così ottenuto, unendosi, che tutti percepissero la stessa cifra per episodio. Se ve lo state chiedendo: nella prima stagione i sei guadagnavano 22 mila dollari ciascuno ad episodio. Nella decima stagione un milione (a testa) a puntata.
Gli americani amano gli acronimi, si sa. E ce n’è uno che compare nella sigla dei The Rembrandts. La canzone, nella terza battuta della prima strofa, dice: Your love life's D.O.A. D.O.A è un’abbreviazione tipica americana per classificare i pazienti gravi che muoiono lungo il percorso verso l’ospedale (Dead On Arrival). Nello specifico potremmo tradurlo con: la tua vita amorosa muore sempre sul nascere. Del resto la sigla altro non è che un lungo elenco di disagi da contrapporre alla forza dell’amicizia.
Infine, siamo tutti consapevoli che il filo rosso della serie sono Ross e Rachel, ma vi siete mai chiesti quanto sono stati effettivamente insieme i due? 23 puntate su 236. Soltanto dieci percento del tempo.
Friends e la società. Tra Lego e capelli
Voglio un Rachel. Era la frase che a fine anni Novanta ogni donna degli Stati Uniti ha pronunciato almeno una volta al suo parrucchiere. Il taglio di Jennifer Aniston mentre interpretava Rachel Green ha fatto letteralmente impazzire le donne americane, tanto che tutte per un periodo della loro vita, hanno provato sulla loro testa quel taglio. Se non vi basta, pensate che la Coca-Cola Light in un momento di grossa flessione si affidò ai sei protagonisti per dare vita a una campagna pubblicitaria televisiva a puntate. Gli spot culminarono nella sera del Super Bowl e l’azienda di Atlanta rilanciò definitivamente la sua bevanda gassata, ma senza zuccheri.
Ancora oggi si parla tanto di Friends. Recentemente è uscita la notizia che un’azienda americana avrebbe messo in palio un posto di lavoro per guardare sessanta episodi di Friends, Il compenso per un mese di lavoro? Mille dollari. Ci sfugge ancora il motivo, forse solo una trovata pubblicitaria, ma possiamo confermarvi che non è una bufala.
Anche Lego e Ikea hanno recentemente detto la loro. L’azienda danese ha riprodotto il Central Perk in mattoncini. Lo scenario, comprensivo anche delle sei minifigures dalla testa gialla e con le sembianze dei protagonisti, è già in vendita. Ikea, invece, nei sui store ha usato alcuni suoi mobili per imitare i set di alcune storiche sitcom. Ovviamente sono partiti da Friends. Come a dirvi: volete avere anche voi la casa di Monica? Vi aiutiamo noi, con i nostri mobili dal nome impronunciabile!
Per concludere, cercando di dare una risposta alla domanda contenuta nel titolo di questo pezzo… la risposta è con ogni probabilità sì. Friends per una certa generazione ha riscritto le leggi della televisione e della vita. E lo ha fatto andando a colpire gli orfani di quell’America reaganiana a cui tutto sembrava a portata di mano.
L’America dell’uomo che si fa da solo col duro lavoro. Quella di Michael J. Fox e Tom Cruise, per intenderci. Friends è stata la rete di sicurezza che ha impedito a molti di noi di schiantarsi sulla vita. Ha creato una realtà parallela che ci ha messo – in maniera soft – davanti all’unica verità possibile: non faremo il lavoro dei sogni, non avremo una vita cool, cadremo, falliremo, ma potremo tutti, prima o poi, prenderci una rivincita.
E se siamo fortunati nelle giornate, nei mesi e anche negli anni no, ci sarà sempre qualcuno lì per noi.